martedì 30 aprile 2013

Export e dazi

Prendendo spunto da un articolo del 13 Aprile scorso sul Sole24Ore, riprendiamo l'argomento dell'internazionalizzazione,

E' appena finito il Salone del Mobile 2013, quale occasione migliore per testare l'andamento del mondo dell'arredamento?
Le conclusioni di tutti concordano sullo stesso punto, ossia la crescente importanza dell'apertura del Made in Italy ai mercati internazionali.

Per l'arredamento si prevede infatti un incremento del 72% entro il 2017 (rapporto di Confindustria "Esportare la dolce vita"), grazie ai 192 milioni di nuovi ricchi, che si formeranno in quel periodo. Insomma, 30 miliardi di euro che entreranno nelle casse del nostro settore, leader indiscusso di prodotti di qualità. Un'opportudità di business dunque, ma anche di innovazione: giovani e importanti designer ammirano il gusto italiano e la ricercatezza dei prodotti e sono proprio loro che ci vengono a cercare. Un esempio: Oscar Niemeyer.

Quindi benvenuti tutti i paesi in via di crescita: BRIC in primis (Brasile, Russia, India e Cina), ma anche i nuovi MIST (Messico, Indonesia, Sud Corea e Turchia). Ma anche Vietnam, Egitto, Libia, Tunisia, Argentina... Ma con attenzione!

Uno dei problemi maggiori riscontrati è quello riguardante le politiche di DAZI, applicate in questi paesi.
I modi possono essere diversi, ma hanno tutti uno stesso risultato: quello di imporre tasse esorbitanti sul caro export che dovrebbe salvarci.
I paesi in questione adottano infatti un atteggiamento protezionistico, a favore della loro economia.

In Brasile (dove il dazio può arrivare fino al 100% del valore del bene) e in India, questo succede in modo non del tutto diretto, per via di una sommatoria di tasse e balzelli: tasse doganali, federali, statali e comunali si sommano all'Iva e ad altre imposte obbligatorie.
In Argentina il problema riguarda sia la quantità di import per il paese (che deve essere pari a quella dell'export) sia le certificazioni, una barriera importante anche per l'agognata Cina. In entrambi i paesi infatti, si devono disporre di appositi certificati di sicurezza, che possono essere ottenuti solo da laboratori certificati.

Come fare per ovviare il problema? Le soluzioni più gettonate sono:
- Delocalizzare parte della produzione: l'export di semilavorati, componenti e puro know how ha notevoli agevolazioni (i Paesi emergenti infatti traggono un vantaggio produttivo dall'acquisizione di un know how già solido);
- Passare per altri paesi: ovvero transitare la merce per altri Stati, con politiche meno rigide e facilitare così l'ingresso nel Paesi-obiettivo.
Altre idee?


martedì 23 aprile 2013

il FUTURISMO

Secondo appuntamento della storia del design italiano!

F. Cangiullo : "Non avete mai osservato come sono immobili i vostri mobili? I miei mobili saranno parlanti, allegri e non vi romperanno le scatole".

La scorsa volta ci eravamo occupati del Liberty, il primo movimento novecentesco innovativo, ma ancora legato ad una tradizione più antica.
Oggi ci occupiamo di quella che può essere considerata la svolta italiana, un movimento d'avanguardia che nasce e vive dello spirito di rinnovamento che permea i primi decenni del XX secolo del Belpaese. Stiamo parlando del Futurismo!

Zang! di F. Cangiullo

Come vero e proprio movimento d'avanguardia, il Futurismo si connota di attivismo, antagonismo, gratuità eversiva, antipassatismo, tecnicismo, agonismo, nichilismo, ironia, iconoclastia, auto-réclame e simili. Insomma, una forma di contestazione globale verso il passato.
Documento fondante, oltre al noto Manifesto futurista del 1909 di Marinetti, pubblicato su Le Figaro, il Manifesto dell'Architettura Futurista, pubblicato da Sant'Elia nel 1914. (Se siete interessati, a Como c'è una bellissima mostra sull'argomento).
A questo, nel 1920, Francesco Cangiullo si ispira per il suo manifesto "Il mobilio futuristico, mobili a sorpresa parlanti e paroliberi".

Paravento di G. Balla


Nonostante il forte spirito di rinnovamento, il futurismo non diede una forte
spinta al design italiano, ma si limitò piuttosto al mondo dei "complementi d'arredo", con solo qualche ardita sperimentazione, come quella di Cangiullo, nel campo del mobile. L'attività dei futuristi si limitava infatti ad una produzione artigianale, senza porsi il problema della produzione in serie. Non è inoltre da dimenticare il fattore gusto, che ha bisogno di tempi più lunghi di pochi anni per cambiare. Se il progresso poteva essere tranquillamente teorizzato e esposto in numerosissimi manifesti, era ben più difficile portarlo nei prodotti quotidiani e nelle case della gente comune.

Mobile per sala da pranzo di G. Balla
I maggiori artisti impegnati in questo campo furono sicuramente Balla, Depero, e Cangiullo. Aggiungiamo Arnaldo Ginna, che ben esprime quello che il movimento voleva dal mondo dell'arredamento: "bisogno di ultramodernismo originale, di igiene, di eleganza, di emozione sintetica". Nicola Galante introduce il concetto di "indissolubilità del rapporto forma-funzione", Prampolini e Recchi fondano la Casa d'Arte, che nel 1919 propone una mostra di mobili e complementi.
Questo concetto plastico si esprime soprattutto attraverso la realizzazione di oggetti originali, manufatti semplici con decori stravaganti e liberi, sempre nel segno del movimento e della velocità.

Una storia originale, che racconta molto sull'accoglienza di quest'arte nel nostro paese: Balla realizzò l'arredamento di casa Löwenstein a Düsseldorf, basansosi su quella "compenetrazioni irridescenti" che rappresentano una delle prime manifestazioni di arte astratta in Europa. Replicata la camera da un entusiasta produttore italiano, essa non fu però mai venduta.


In conclusione: anche se in campo pratico il futurismo non ha prodotto risultati tangibili, la sua spinta teorica ha un ruolo notevole nello sviluppo delle correnti successive, come ad esempio il Razionalismo o l'Art Déco.





lunedì 15 aprile 2013

Salone del mobile 2013

Si è conclusa ieri a Milano la 52^ edizione del Salone del Mobile, con numero da record, tante belle proposte e propositi e un umore un poco altalenante.
Ecco i numeri: 
- 324.093 visitatori, di cui 285.698 operatori del settore.
- 160 paesi presenti, gli stranieri hanno rappresentato il 68% delle presenze.
- 2500 espositori.
- 200mila mq di stand, divisi in 22 padiglioni e 4 settori.
A voi le considerazioni del caso... Cosa ne pensate?

Senza dubbio la presenza di così tanti stranieri sottolinea il carattere internazionale della manifestazione, ma manifesta anche un certo cambiamento nell'industria: il Made in Italy ha bisogno più che mai di internazionalizzarsi, di saper coinvolgere a livello globale i consumatori. Le aziende italiane devono imparare a parlare diverse lingue, a sapersi confrontare con realtà molto diverse ma anche stimolanti... e il cambiamento sta avvenendo più per necessità che non per volontà.
Ma attenzione all'export: come già detto negli articoli precedenti, va prestata una particolare attenzione a come muoversi! Un interessante articolo di pochi giorni fa sul Sole24Ore analizza la problematica dei dazi; il problema fiscale è stato anche l'argomento dell'intervento del neoeletto governatore della Lombardia.

La presenza degli stranieri fa infatti riflettere anche, al contrario, sulla non-presenza degli italiani: il Salone è stato il palcoscenico del malessere del settore arredo in Italia, che attraverso la voce del presidente di Federlegno R. Snaidero, chiede una mano alla politica italiana.


Ma guardiamo anche in altre direzioni.
Se la crisi in campo economico-finanziario è fortemente avvertita, in campo artistico e creativo l'Italia mantiene ancora il suo primato e Milano si dimostra la piazza migliore per le nuove idee di design. Parole
d'ordine di questa edizione dei saloni sono state sostenibilità, artigianalità e funzionalità.
Nuovi designer e già acclamati artisti hanno avuto l'occasione di presentare i loro progetti dentro e fuori il salone e il numero impressionante di eventi è la testimonianza che la vena creativa è lontana dall'essere estinta dal malessere economico. Certo, si sta orientando su prodotti magari più facilmente "vivibili", ma con un valore artistico preponderante.

Gli artigiani, come CN, sono stati fortemente rivalutati dal bisogno di personalizzazione e di attenzione che i designer chiedono, ma faticano ancora a porsi nell'ottica internazionale a cui abbiamo accennato prima.

Insomma, un salone che rispecchia pienamente i nostri tempi... o no?


venerdì 5 aprile 2013

TDM6 - La sindrome dell'influenza


Si apre oggi la VI edizione della TDM, Triennale Design Museum, col titolo "La sindrome dell'influenza".
Il periodo non può che essere più favorevoli; con questi cambi di meteo, un raffreddore ce lo siamo presi tutti!
Ma non è esattamente questa l'INFLUENZA di cui si parla in Triennale, bensì un'attitudine tipica del DESIGN ITALIANO: quella di lasciarci influenzare, da virus intellettuali provenienti da tutto il mondo.
Assimilare, confrontarsi, dialogare con altre culture; creare nuovi progetti ed innovare.

Questi sono i temi del nuovo allestimento del museo del design milanese, curato da Silvana Annicchiarico e Pierluigi Nicolin, visitabile da domani, fino a febbraio 2014.

Forchette parlanti - B. Munari


Si narra un percorso nella storia del design italiano, di cui si parla anche nel nostro blog (qui e qui, per ora), che viene articolata in 3 fasi:
1) L'invenzione del design italiano, ovvero i grandi maestri che hanno costruito le basi grazie alle quali il Made in Italy è diventato, nello step successivo, un vero e proprio marchio di pregio nel panorama del design;



A. Mendini


2) La distruzione creatrice: nel dopoguerra i cambiamenti politici e sociali rivoltano anche il mondo del design, creando nuovi concetti e e nuovi contenuti;



Woodpiercing - R. Gilad by Flos


3) I marchi ora sono diventati protagonisti: i brand, con il loro alto contenuto di immagine e valore dominano il mercato e fungono da punti di convergenza per tutte quelle "influenze" che li hanno costruiti e determinati.

Buona visita a tutti!

martedì 2 aprile 2013

Al SALOON con GIANFRANCO!

Bentornati a tutti, la nostra rubrica dei "Saloon di CN" riprende con un ospite di eccezione, una persona chiave in CN, un uomo dalle mille risorse... Ecco a voi Gianfranco Gatti!
Gianfranco è l'ufficio preventivi di CN, è approdato qui dopo una lunga esperienza....

Ciao Gianfranco, presentati ai nostri lettori!
Salve a tutti, mi chiamo Gianfranco Gatti e abito a Como. Ho sempre lavorato nel settore legno: in diverse aziende ho seguito sia la parte di preventivi che di produzione.
Ho iniziato a lavorare nel lontano 1976, come ufficio tecnico-preventivi e tempi e metodi. Poi dopo 3 anni sono andato in un'altra azienda, dove seguivo le schede di produzione, e anche qui il rilievo tempi e metodi di lavoro.

Cosa ti piace del tuo lavoro?
Beh, diciamo che è un lavoro abbastanza vario, anche se adesso si è sempre tutto il giorno davanti al computer (e questo non è il massimo!). Non sarebbe male alternare questo lavoro con un po' di rapporti personali.

Com'è stato il tuo rapporto con i colleghi e con i datori di lavoro?
Mi sembra abbastanza buono. Mi sembra di non aver mai avuto problemi nè nelle "vite precedenti", nè in quella attuale. Con i datori è sempre andata bene, anzi...


Da quando hai iniziato, come e quanto è cambiato il lavoro?
Diciamo che il lavoro è cambiato tantissimo, non tanto. Sia il lavoro d'ufficio, dove il computer adesso la fa da padrone: una volta si usava la calcolatrice, carta e penna, per fare i conti. Ora il computer aiuta tantissimo e velocizza alcune cose che allora era difficile fare. Sia a livello di produzione: anche lì è cambiato molto, sia nelle tecniche di lavoro, sia nei macchinari: adesso le macchine a controllo numerico aiutano e anche loro, come il pc in ufficio, la fanno da padrone. Senza macchine a controllo tanti lavori non è che non si possano fare, ma sarebbero molto più complicati, lunghi e costosi.
E' anche vero che una volta c'era più manualità, adesso invece bisogna star dietro alle macchine. Poi ci sono anche meno persone abituate a fare il falegname da banco di una volta, e quindi certi lavori stanno un po' finendo.

Dici che questa tendenza continuerà?
In ufficio è impossibile che ci sia un ritorno al manuale, anche perché non siamo più capaci di fare i conti a mente! E poi è chiaro che una tabella di excel, rispetto ad un foglio scritto a mano è più veloce ed ordinato. Lì un ritorno non ci sarà più, e anzi, divernterà sempre più automatizzato.
Anche a livello di produzione non penso potrà esserci un ritorno. Ci saranno dei lavori di nicchia, dove qualcuno a livello artigianale, lavorerà ancora come una volta, ma il grosso andrà avanti con macchine sempre più legate alla tecnologia.
Questo vale anche a livello di verniciatura, di finiture e di imballo, è chiaro che il lavoro di una volta non è più concepibile. Attualmente si usano vernici completamente diverse e meno tossiche, si usano cicli di verniciatura che una volta non erano pensabili.

Qual'è il lavoro dei tuoi sogni?
Io ho sempre avuto la passione della fotografia, quindi per me sarebbe il massimo poter fare solo quello. E poter camminare in giro per le montagne...
La vita all'aria aperta sarebbe molto diversa e molto bella.

Parlaci un po' della tua famiglia
Sono sposato da 31 anni, ho due figlie: una che farà i 30 quest'anno, e una i 24. La maggiore tra un mese si sposa!

E con una bella notizia chiudiamo questa puntata! Grazie Gianfranco!